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Oltre il danno naturale, la beffa umana. E scusateci l’uso improprio di beffa.

L’aquilano Luca dice: “Stupro di identità”.
Un’insegnante aquilana dice: “Siamo stati catapultati in una periferia di una metropoli senza vivere la sua naturale evoluzione, ma soprattutto senza la metropoli. Siamo abitanti di una estrema periferia senza il nostro centro di ritrovo. Siamo un corpo senza anima. O siamo anime senza corpo. Siamo senza essere”.
L’Aquila Rewind.
Torniamo alle origini.

Dopo aver ottenuto il Diploma di Federico II, ovvero un permesso per costruire una nuova città in funzione “antifeudale”, nel 1254 fu fondata dall’unione di tutti i castelli circostanti e dai villaggi. La storia dice fossero meno, ma la leggenda vuole che fossero 99 come sono 99 i rintocchi della Torre Civica (la Reatinella) e come il primo grande monumento della città, la Fontana delle 99 Cannelle. Il nome deriva dal luogo di fondamento, Accula, e dall’Aquila, insegna degli Hohenstaufen; tramutato successivamente in Aquila degli Abruzzi, diventò definitivamente L’Aquila nel 1939. I quartieri con ognuno una piazza, una chiesa ed una fontana rimandano al villaggio madre rendendola un esempio medioevale di urbanistica, paragonabile alla sola San Pietroburgo, fondata però nel 1703. La particolarità indipendentistica de L’Aquila la sottopose continuamente a saccheggi e distruzioni da parte di conquistatori e dominatori, ma non solo, visto la peculiarità sismica del suo territorio. Manfredi la distrugge nel 1259, ma L’Aquila si rialza.
Risale al 13 Dicembre 1315 il primo documento dimostrante un grande sisma, la città barcolla ma resiste: terremoto 6,5 Scala Richter, 10 Scala Mercalli: 800 vittime (ufficiali), ovvero il 10% della popolazione, feriti e città distrutta. La città si rialza.
1400, l’Età Rinascimentale, diventa la città più importante del Regno di Napoli, riceve il privilegio della Zecca, nasce l’Università (1458) e viene fondata una delle più importanti tipografie dell’epoca (la terza in Italia, dopo Venezia e Foligno).
26 Novembre 1461, terremoto 6,4 Scala Richter, 10 Scala Mercalli, più altre forti scosse il 4 e il 17 Dicembre e il 3 e 4 Gennaio; piegata, si rialza.
Filiberto D’Orange la inginocchia nel 1527, ma lei si rialza.
Il 1700 è un continuo di scosse, ma il culmine inizia il 14 Febbraio 1702 e termina il 2 Febbraio 1703, terremoto 6,7 Scala Richter, 10 Scala Mercalli: crolla quasi tutto e quel poco che resiste fu pesantemente danneggiato, 6000 vittime. Rasa al suolo, si rialza.

Tempi moderni.
14 Dicembre 2008, lieve scossa, magnitudo 1,8; 16 Gennaio 2009, magnitudo sotto i 3; da quel giorno scosse di intensità e frequenza in lenta e continua crescita (quelle del 17 e 29 Marzo a Sulmona furono rispettivamente di 3,7 e 3,9).
6 Aprile 2009, ore 3.32. La magnitudo non è chiara, si dice tra i 5,9 e i 6,2 chi dice picchi di 7,2/7,4, poi ribassati a 5,9. Le voci sono tante. Altre 256 scosse nelle successive 48 ore (157 nella sola giornata del 7).
Distrutta, ma stavolta non si rialza. Perché?
Un centro storico che subisce un terremoto, capisce il suo valore dalla reazione della popolazione che lo abita.
Nel 1349, per evitare la fuga degli abitanti e la morte della città, la popolazione fu chiusa dentro alle mura e obbligata a ricostruirla.
Nel 1703, la popolazione fuggì, pochi e tenaci rimasero, ma erano troppo pochi; la leggenda (leggenda solo perché non esistono testi ufficiali, ma solo una testimonianza “plebea”) vuole che Papa Clemente XI inviò preti e suore liberati dal loro sacro vincolo a contribuire a ricostruire e soprattutto a ripopolare la città.
Due casi di Sinecismo post traumatico.
Nel 2009, mentre una città e la sua popolazione erano crollati, gente rideva e brindava al telefono.
Non si tratta di aiutare, ma di investire e guadagnare.
Zona rossa e barriere ad impedire al popolo di reagire.
Città militarizzata, campi tenda militarizzati e invece di attuare una nuova forma di Sinecismo, se ne impone una più “conveniente”: l’Esecismo.
Il teatrino degli orrori (per farsi salvatori) colpì i politici e imprenditori, oltre che ai capi della Protezione Civile, liberi di esercitare senza i classici controlli, in nome della Santa Emergenza Nazionale (per non parlare dell’Informazione, per lo più addomesticata).
Il signor B: “Dalle tende alle case”
Un altro signor B: “Meglio le case perché i container devastano il paesaggio”
E così, grazie ai permessi specialissimi di Bertolaso & Company, apparvero le New Towns.
Ma cosa si intende per New Towns?
Nacquero a partire dal 1947 in seguito alla sempre maggior crescita, non solo demografica, di Londra; l’intento era quello di evitare una caotica costruzione selvaggia, senza senso. La logica fu quella di creare prima i trasporti di collegamento, stradali e ferroviari, creare tutti i servizi, come scuole, università, ospedali, uffici comunali, fino al divertimento come il cinema, senza dimenticare piazze e giardini comuni, le agorà dove il popolo si ritrova, dialoga, si confronta e discute. Poi successivamente e solo successivamente far arrivare la gente ad abitarci. La filosofia e il concetto sono discutibili, ma non la natura della parola. Le New Towns sono queste. Chiunque usa questa definizione per le case “donate” ai terremotati ne fa un uso improprio, intenzionale o ignorante, decidano loro. Per noi costruire case senza tutto il resto è come isolare le persone, estraniarle, alienarle. Così è stato, almeno questo è quello che noi pensiamo e non siamo gli unici.
Ci hanno parlato di container intendendo le vecchie baracche di lamiera, peccato che ora anche i container si sono evoluti; eco-compatibili-sostenibili, modulari; nel nord europa sono così terribili che ci hanno fatto studentati, uffici e hotel (http://www.tempohousing.com/); 800/1000 Euro/mq, dal trasporto al momento in cui si entra in casa.
200/300 Euro per smontarli e portarli via.
Le new towns si aggirano intorno a 2800 Euro/mq e restano lì.
Perché?
Qualcuno ce lo spiega?
Non vi piacciono i container?
Ci sono ditte che producono case di legno, anche quelle calde e accoglienti.
Smontabili alla fine dell’Emergenza, quindi ad impatto ambientale minimo e non definitivo e a disposizione per altre emergenze. Come i container.
Nel frattempo si ricostruisce.
Spendiamo di più e poi alla domanda di iniziare a ricostruire la città, ops, mancano i soldi.
Mancano i soldi?
Maledette bugie.
140 miliardi euro evasi nel 2011, 154 e rotti nel 2012
(http://it.finance.yahoo.com/notizie/fisco-confcommercio-stima-evasione-per-080500669.html);
2 milioni di euro al giorno per la guerra in Afganistan (e non parliamo delle vite perse o rovinate che non hanno prezzo e su cui abbiamo già scritto un libro), nuovi investimenti militari, montagne di soldi per salvare le banche, miliardi di euro di mazzette, etc… etc… etc…

Forse manca la volontà.
Forse.
O forse la lungimiranza e la saggezza.
Forse.
O forse manca la più semplice onestà.
Quindi?
Esecismo.
Esportazione del popolo (Platone).
Deportazione del popolo (Aristotele).
Abbandono della città.
Devastazione del territorio (non dimentichiamo i terreni espropriati non solo ai legittimi proprietari, ma anche alla società e all’ambiente, per di più tra due Parchi Nazionali!).
Paesaggio, Natura, Bene Comune trattato all’opposto di quello che dice il nostro amato Articolo 9.
Ma è ancora vigente la Costituzione? Passeggiare per il centro dell’Aquila è toccante, è triste, è ingiusto, è imbarazzante, è una vergogna di tutta l’Umanità per colpa di pochi che di umano hanno solo la nascita e la morte.
Il silenzio, le case distrutte e ferme a quell’istante, scene immortalate di quell’attimo.
L’Aquila è come una persona ferita grave riversa per strada e le autorità, invece di aiutarla, si mettono al suo fianco a dire che l’aiuteranno, a fare promesse, a far bella la propria falsa umanità e a riempire la loro anima di roba che, nel giorno del giudizio, dovranno abbandonare e proseguire nel viaggio carichi solo della loro avidità e della sofferenza imposta ad altre anime lasciate sulla strada. La casa dello studente, l’emblema della morte di persone e dell’inizio di una lenta agonia di una città, della sua storia, della sua cultura, del suo sapere, del suo essere.Essendo solo il nostro pensiero e, in quanto tale, libero, ovviamente diciamo la nostra e così concludiamo.
L’Aquila è un esempio di come non si dovrebbe fare, ma anche di cosa siamo capaci di fare, di sopportare, di accettare e di ignorare. Usiamo parole non nostre: “L’Aquila è uno dei migliori fenomeni di urbanistica medioevale”; “Il danno di questo terremoto è unico nel suo genere: dopo la natura che ha distrutto le case, abbiamo dissoluto una società”. In sintesi: lungimiranza medioevale, ovvero un ossimoro; nel medioevo avevano costruito con la mente lungimirante al futuro della società, oggi abbiamo costruito con la demenza schiava del denaro.
Dopo ogni sbaglio, la prima cosa da fare è rientrare in carreggiata e poi un sano Mea Culpa.
E invece oggi L’Aquila è coerente.
Sì, è coerente con il nostro sistema socio-economico-finanziario dove la ricchezza di pochi dipende dallo sfruttamento di tutti gli altri. Se sei nato dalla parte sbagliata, rischi di essere sempre e solo uno sfruttato, e ti va bene se sopravvivi alla miseria, alla fame, alle malattie, alla violenza e alla guerra.
Se sei nato dalla parte privilegiata… bene, ma occhio, appena cadi tutti grideranno allo scandalo, ti prometteranno il mondo, ma alla fine ti succhieranno tutto e poi ti abbandoneranno.
Gli Aquilani, il 6 Ottobre 2009, alle 3.32 sono diventati gli ultimi.
Da spolpare e abbandonare.
La colpa forse non è solo di quei criminali contro l’umanità che detengono tutto il potere.
Forse è anche di quella parte umana nata privilegiata che non ha il coraggio di cambiare.
Ma al contrario diventa indifferente.
Per quanto ancora? Un immenso grazie al Prof. Settis che ci ha dato una lezione magistrale, a Luca Cococcetta e tutti i maestri intervenuti nel documentario “Radici, L’Aquila di cemento” e a tutti gli Aquilani con cui abbiamo condiviso emozioni e pensieri a cui vanno le nostre scuse per l’Indifferenza e la Disumanità della Società di cui facciamo parte. E ci scusiamo anche per la impossibile sintesi ad un articolo di un dramma di queste proporzioni e perdonateci se troverete qualche imprecisione.
Non ci resta che piangere?
No.
Come disse e continua a dire Bob, Poeta e Profeta:
“Sveglia, alziamoci per i nostri diritti,
Sveglia, alziamoci e non smettiamo di lottare”
E come dice l’amico Agostino:
“Siediti per pisciare e alzati per i tuoi diritti”
Pace

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