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L’effetto petaloso

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In questi giorni il popolo italiano è stato folgorato da una nuova parola: petaloso.

Noi, come tutti, non siamo indenni alle mode e di conseguenza ci siamo ritrovati a parlarne. La prima cosa che ci viene da dire è grazie a Matteo, il bambino che ci ha donato un suo momento, con una parola ci ha donato tutto un evento, lo abbiamo immaginato nello scrivere e descrivere un fiore nel suo modo di usare la lingua che sta facendo sempre più sua. Si sente davvero la dolcezza mentre lo dice. E questa notizia, volenti o nolenti, ce lo ha fatto entrare nel dizionario parlato e ha tutte le caratteristiche per restarci. Quindi oltre al grazie, aggiungiamo un bel complimenti a lui e alla sua maestra.

Se lo abbiamo saputo è grazie alla lettera della prof e al seguente responso della Crusca, questa entità di cui ognuno conosce l’esistenza, ma pochi conoscono chi ne fa parte. Quanti e chi sono i Cruscaroli? O Cruscati, Cruschesi, Cruschini, Cruschetti o Cruscani?
Come funziona l’esame e il giudizio?

Anche perché non tutti i fiori son petalosi, per via della percezione personale. D’altronde petaloso non può essere usato per dire che un fiore ha i petali, essendo questa una condizione indispensabile dell’essere fiore, sarebbe come aggettivare una macchina ruotata o un treno inbinariato, risulterebbe stonante, al contrario, sarebbe definibile se fossero senza, come una macchina senza ruote o sruotato o un treno fuori dai binari o sbinariato, per poi arrivare al nostro fiore, spetalato.
Non può che essere un aggettivo molto personale dettato dalle proprie emozioni, un aggettivo per nulla oggettivo. In questa prolifica discussione è emerso che la rosa è più petalosa della margherita, come le orchidee sono decisamente più petalose dei girasoli. Purtroppo non abbiamo trovato una definizione data dalla Crusca se non queste parole da un articolo: «La tua parola è bella e chiara», continua la Crusca che spiega come fa una parola ad entrare nel vocabolario. «Bisogna che la parola nuova non sia conosciuta e usata solo da chi l’ha inventata, ma che la usino tante persone e tante persone la capiscano. Se riuscirai a diffondere la tua parola fra tante persone e tante persone in Italia cominceranno a scrivere e dire “Com’è petaloso questo fiore!” o, come suggerisci tu, “le margherite sono fiori petalosi, mentre i papaveri non sono molto petalosi”, ecco, allora petaloso sarà diventata una parola dell’italiano, perché gli italiani la conoscono e la usano».

A questo punto la forza collettiva ha preso il sopravventi, Socrate si è fatto sentire e sono partiti i dubbi: ma se le parole dell’italiano sono quelle usate, probabilmente il dizionario odierno sarebbe un mini-mini-tascabile e la Crusca una setta obsoleta di un linguaggio arcaico. Seguito subito da un altro, ben più critico: l’uso spregiudicato e ignorante, volgare e insignificante della nostra amata lingua da parte di tutti, ma soprattutto da parte delle persone immicrofonate, pubbliche, autoritarie come politici e burocrati, banchieri e dirigenti, non mette loro voglia di lavarla sempre in Arno? Ai cruscanti non viene voglia di scrivere un J’accuse per la violenza letteraria (per non dire culturale) e un’arringa per la nostra lingua che ha incantato e incanta ancor oggi persone da ogni dove? Non è che devono ripassare o rivedere il termine partigiano e la sua azione intrinseca, ovvero prendere parte?
E come definire uno stato che non offre ai cittadini gli stessi diritti, anzi, li nega? Come definire uno stato che divide, impera e guerreggia in giro? DeteStato?

Non ce la possiamo fare, anche partire da petaloso non ci ha tolto il vizio di parlare della critica alla società pura, anche se puzza sempre più di m… e il cerchio si chiude.

Il termine è pure variopinto, in certi casi, qualcuno potrebbe intendere come petaloso un uomo abbondantemente ma anche innocentemente scoreggione, o scoreggioso, ma dalla puzza non troppo disturbante, anche perché, al contrario, la nostra lingua abbonda e trasbonda nella fantasia:
Se sei marcio!
Che landra!
Fai schifo!
Schifososo!
Fatti vedere!
Putrido!
Fatti visitare!
Cos’hai, una palude infetta?
Merdone!
Cosa hai mangiato, della crusca?

La situazione è grave, l’Arno non basta più, per lavare i panni ci serve l’oceano, anche se non sta bene neppure quello.
E il rischio è multiplo: concentrarsi a inventare parole nuove per la celebrità, piuttosto che coltivare il proprio italiano per la vita di tutti i giorni.

A questo punto abbiamo l’ufficialità, la nostra situazione è grave, troppi deliri mentali, meglio tornare alla poetica petalosità.

Ma un uomo petaloso, comè?
E una donna?

Ma piuttosto, al prossimo aggiornamento, il computer non ci segnalerà più petaloso come errore, vero?

Pace petalosa e non,
basta che sia Pace

2 commenti su “L’effetto petaloso”

  1. Un grande filosofo di nome Pippo un giorno disse:
    È strano come una discesa vista dal basso somigli ad una salita.
    Allo stesso modo mi viene da affermare:
    è strano come la stessa parola ripetuta da un grande sembri una stronzata.
    Ecco per me petaloso è questo; è la licenza poetica che solo un bambino può avere che è data dalla sua spontaneità, dalla sua innocenza, dalla fantasia e soprattutto dall’assenza di paura di sbagliare.
    Va assaporata, protetta e lasciata in quel mondo che l’ha generata.

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